La storia vera di Bibi in fuga dal Ruanda insanguinato, per non dimenticare l'ultimo genocidio del XX secolo.

Cristiana Ruggeri "Dall'Inferno si ritorna"  di M. Sofia Squillace, IV A


Dopo aver letto il romanzo-inchiesta di Christiana Ruggeri ho maturata la convinzione che non ci potesse essere opera letteraria più adatta per aprire il dibattito sulla tematica di Gutenberg 14: “demoni e meraviglie”. In questo romanzo-memoriale, “terribile” per molti aspetti, un occidentale potrebbe illudersi di ritrovarsi a fatica, ma basta un piccolo momento di riflessione per rendersi conto che non è così.

Dall’inferno si ritorna è il racconto del terribile massacro avvenuto in Ruanda negli anni ’90, ai danni di una minoranza etnica: i Tutsi. L’intera vicenda è vista attraverso gli occhi di una bambina di soli 5 anni, Bibi, la cui famiglia viene trucidata, lei è l’unica superstite e per si sente a “disagio”, oppressa da un senso di colpa che tornerà spesso nel corso della sua vita.

Bibi vede morire i suoi cari e riconosce uno degli assassini, un giovane che incarna perfettamente la tipologia di uomo che agisce per volontà altrui, un monumento alla “stupidità” e all’ignoranza. Il demoniaco nelle pagine iniziali prende corpo, non esce dagli angoli bui, ma dal quotidiano e la normalità lo affronta con “il desiderio di succo d’ananas”. La galleria dei démoni che appaiono via via nel narrato è impressionante: l’injiji  (l’ignorante, indolente e sudicio figlio del fruttivendolo, che indossando una mimetica e ammazzando bambini si sente un grande uomo); l’infermiera – ippopotamo (che con le sue domande cerca di smascherare i Tutsi per denunciarli); lo sfregiato (che le promette di aver ben fissato nella memoria la sua faccia e che la prossima volta che la incontrerà l’ammazzerà); le suore e i preti che per salvarsi la vita si sono trasformati in carnefici, dando fuoco alla chiesa in cui molti Tutsi si erano rifugiati e, infine, Roland (che, tradendo la fiducia di Gerard, abbandona Bibi in mezzo al nulla invece di portarla in un luogo sicuro). Un crescendo manzoniano, come può anche apparire manzoniana l’insufficienza del male e dei suoi accoliti, la sua incapacità finale di trionfare su Bibi: ma non c’è nessuna provvidenza, nessun disegno superiore che guidi l’eroe verso la comprensione e la vittoria finale sulle forze oscure. Esiste, anche in questo caso, un bene quotidiano, fatto di piccole iniziative: Joseph, Mama Lucy, Gerard, Astrelle, Padre Philippe e suor Celeste sono gli “elementali” del bene, ma sono anche il “meraviglioso” del bene, lo stupor mundi del bene, che irrompe dolce e nutriente ad un tempo, il “succo d’ananas” che Bibi cercava in mezzo al sapore metallico del sangue. Ma il bene è un mare, un riflusso: appare e scompare, lasciando sempre Bibi nell’incertezza: ad ogni incontro, ad ogni illusione, segue una dolorosa separazione che lacera l’anima della piccola lasciandole profonde cicatrici. È un flusso e riflusso continuo: le ferite fisiche guariscono ed il braccio straziato dopo tante cure mediche tornerà come nuovo, ma le ferite dell’anima no, quelle sono difficili da curare. In un “mondo alla rovescia” tutto è straniato; Bibi è una bambina coraggiosa, non scorda mai ciò che ha imparato dal nonno e le parole della mamma risuonano ancora nella sua testa: ‘Non si dicono le bugie, bisogna sempre dire la verità’. Ma la verità sembra non avere spazio nel reale, per salvarsi deve vivere sotto falsa identità, lei che vorrebbe essere se stessa, gridare a tutti chi sono i suoi veri genitori; quando trova il modo di confessare tutto a Gerard, il suo “angelo” zairese, si sente libera, ma deve fare nuovamente i conti con la malvagità umana, deve tornare a casa, in Ruanda, e si ritrova sola e abbandonata, per le strade della sua città, finendo nell’incubo dell’orfanotrofio. Ma la meraviglia del bene si personifica in Suor Celeste, che si innamora di quella piccola donna intraprendente intrappolata in un corpo da bambina e la dolcezza ed il profumo del bene sbocciano come un frutto, come il mango “giallo e dolce” che addentano sorridendo, con la certezza nel cuore che “Dio è tornato in Ruanda”, o meglio gli uomini che portano un Dio nel cuore sono tornati in Ruanda.

Da questo momento, come in un crescendo, il meraviglioso acquista spazio, fino ad assorbire del tutto la scena: l’adozione a distanza, gli studi per diventare medico e diventare a sua volta “strumento” del bene scandiscono il tempo di Bibi.

Tuttavia il male ha segnato per sempre la vita della protagonista, un male gratuito, senza ragione che come una malattia incurabile serpeggia nell’animo di alcuni esseri umani; a questo male si è contrapposto il bene; un bene, tuttavia, difficile e faticoso da perseguire.

Dicevo all’inizio del mio intervento che un occidentale potrebbe, forse, riconoscersi a fatica in questa esperienza, ma non è così. Se mi si permette l’utilizzo delle categorie letterarie di Elio Vittorini: tra il 1990 ed il 1993 il Ruanda è il “mondo offeso” e Bibi è il simbolo dell’uomo offeso. Interahamwe, Impuzamugambi, totenkopfsturmbanne, giovani turchi, boxer, khmer, policia e desaparecidos, KGB, CIA, integralisti; nel ‘900 tanti nomi per una sola cifra: strumenti del male, negazionisti dell’umanità, “uomini NO”.

Ma ciò che affascina, terrorizza e commuove di questo romanzo, non sono il “male” e i suoi portatori, quanto l’indifferenza del bene e dei suoi sostenitori, motivo per cui il bene diviene “meraviglia” quando si squaderna nel mondo. Ed è questa la lectio magistralis di Christiana Ruggeri: alla costanza del male occorre contrapporre la continuità del bene, che per sua natura è riflusso e marea ed allora, solo allora “dall’inferno si ritorna” accompagnati da quegli uomini che “portano un Dio nel cuore”.

 

Vorrei dedicare questo intervento alla memoria di Ilaria Alpi, “caduta con un Dio nel cuore” in Somalia a Mogadiscio il 20 marzo 1994, mentre era “sulle tracce del male”.

Scrivi commento

Commenti: 2
  • #1

    Latricia Ayers (martedì, 24 gennaio 2017 18:36)


    Having read this I thought it was really enlightening. I appreciate you spending some time and effort to put this article together. I once again find myself spending a lot of time both reading and leaving comments. But so what, it was still worth it!

  • #2

    Ulysses Calder (martedì, 31 gennaio 2017 12:50)


    You really make it seem so easy with your presentation but I find this matter to be really something which I think I would never understand. It seems too complicated and very broad for me. I'm looking forward for your next post, I will try to get the hang of it!