Il più autobiografico dei romanzi del grande autore siciliano.

Leonardo Sciascia "Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia" di Emanuela F. Bossa, ex Borrelliana.

 

 

 

“Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia”, viene pubblicato da Sciascia nel 1977 per i tipi di Einaudi e costituisce un unicum nella produzione letteraria sciasciana, unicum nel senso che si discosta, per alcuni punti salienti, dalla precedente ma anche successiva produzione dell’autore. Sciascia stesso considerava Candido il più autobiografico fra i suoi libri. Prima di entrare nel vivo del romanzo è bene specificare quanto e come la letteratura coeva e anche precedente abbia influenzato il romanzo di Sciascia, cioè valutare quanto l’autore abbia seguito alcuni principali modelli: le “Lettere Persiane” di Montesquièu (i due persiani che si vengono a trovare a Parigi sono portatori di un punto di vista candido, straniante), “L’idiota” di Dostojevskij (il principe Myškin è portatore di uno sguardo candido, non conformista), il Pirandello del candore (il candore del protagonista sciasciano non è stato modellato su quello dell’omonimo personaggio voltairiano ma sul candore pirandelliano, categoria individuata e studiata da Massimo Bontempelli nel saggio “Pirandello o del candore”: l’anima candida è incapace di accettare i giudizi altrui e farli propri, ragiona in autonomia, è sincera e non si preoccupa delle conseguenze, usa un linguaggio semplificato ed elementare), ma soprattutto “Candide, ou l’optimisme” di Voltaire (romanzo di formazione filosofica con cui Voltaire intendeva smontare le filosofie ottimistiche di stampo leibniziano, di cui è portavoce il precettore Pangloss, mostrando, attraverso le disavventure dei suoi “personaggi di gomma”, che non esiste il migliore dei mondi possibili, che un terremoto, e il riferimento è al terremoto di Lisbona del 1755, non è parte di un disegno divino positivo ma porta solo false paure e distruzione, che la violenza e la miseria, durante il periodo della guerra dei Sette anni, alberga in ogni Stato, ed è volata anche oltreoceano nella ricca America. Infine solo il lavoro dei campi garantirà un finale di matrice positiva. Quest’ultimo episodio sarà ripreso da Sciascia nel cap. 11, ma verrà rovesciato in quanto Candido e il precettore non riusciranno a far venir su dalla terra nulla di bono. Sciascia, nella nota finale al Candido dirà di aver imitato il libro di Voltaire e di non essere però riuscito a riprodurre quella leggerezza e velocità della narrazione che tanto ammirava nell’autore francese. Tuttavia, la critica è concorde nel dire che Sciascia abbia superato il suo modello principale e questo è vero se si analizza il finale del libro alla luce di quest’interpretazione:

«Questo è il nostro padre – gridò – questo è il nostro vero padre». Dolcemente, ma con forza Candido lo staccò dal palo, lo sorresse, lo trascinò. «Non ricominciamo coi padri» disse.

Proprio da questo passo emerge il rifiuto del modello da parte del personaggio, da un lato le figure genitoriali (la madre, che sempre Candido aveva respinto e alla quale non importava nulla del figlio; il padre naturale Francesco Maria Munafò morto suicida e il padre intellettuale Voltaire), ma anche da parte dell’autore che rinuncia all’aspetto dogmatico dell’illuminismo, così come il suo personaggio, nel corso del racconto si era liberato dal dogma del comunismo, dal dogma della religione, dal tabù dell’eros e dall’ossessione psicanalitica della società).

Il Candido di Sciascia è un libro complesso, a causa dei diversi generi letterari (biografia, romanzo storico, romanzo di formazione, romanzo filosofico) e dei vari temi che lo attraversano. I capitoletti (26, non numerati) con titolo argomentativo, la nota finale, alcuni temi trattati e il nome del padre di Candido (Francesco Maria), richiamano Voltaire. La storia è ambientata in Sicilia e poi in giro per il mondo, in un arco temporale lunghissimo che va dal 1943 al 1977. I personaggi principali sono Candido (protagonista, i suoi tratti specifici sono: la capacità di astrarsi totalmente dalla realtà, l’autonomia, una curiosa attitudine conoscitiva, l’incapacità di valutare le cose secondo un codice condiviso da tutti, un’etica naturale che si riflette nel materialismo religioso, la semplicità), Concetta (governante di casa Munafò, donna molto religiosa, ma di una religiosità popolare e superstiziosa), Maria Grazia Cressi (madre di Candido), ex generale fascista Arturo Cressi (padre di Maria Grazia e nonno di Candido), Francesco Maria Munafò (padre di Candido e avvocato difensore di malfattori e omicidi), Hamlet ovvero John H. Dykes (capitano americano amante di Maria Grazia), Paolo di Sales (segretario del locale Partito Comunista e amico del gen. Cressi), il PCI, la DC, l’arciprete Don Antonio Lepanto, Paola (governante del gen. Cressi e poi prima compagna di Candido), Francesca (seconda compagna di Candido).

La data di nascita di Candido Munafò (il cui nome richiama per la madre la volontà di cancellare il passato fascista e riscrivere la storia su una pagina candida, per il padre il suo aspetto dopo i bombardamenti) è emblematica: il protagonista nasce nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1943, proprio mentre gli alleati sbarcano in Sicilia, nasce nella notte del passaggio dalla dittatura alla democrazia. Questa notte influenzerà le scelte politiche del nonno, che appare diviso in due metà da un fascio di luce, da un lato il passato fascista che cerca di celare, dall’altro l’adesione alla DC come copertura, perché, come molti altri politici italiani, riteneva che fascismo e antifascismo fossero la stessa cosa.

In merito ad alcuni luoghi del libro si può parlare di parodia blasfema del Vangelo: Candido nasce in una grotta in una notte illuminata dai bengala, sua madre si chiama Maria (Grazia) come la Madonna, il padre paragona se stesso a San Giuseppe, la cui moglie ha concepito per virtù dello Spirito Santo, così come la sua per virtù dello spirito americano. Maria Grazia è molto diversa dalle tipiche madri siciliane, infatti non allatta il figlio e non se ne prende cura. A fornire gli alimenti a Candido è il capitano americano John Dykes che diventa così padre alimentare di Candido, il quale cresce sempre più roseo e biondo tale da suscitare nell’avvocato Munafò l’assurdo sospetto che il bambino non sia suo figlio ma del capitano americano. Accusa dunque Maria Grazia di averlo tradito al tempo del concepimento di Candido, ma le accuse sono infondate perché a quel tempo il capitano americano si trovava in America. La situazione precipita e i coniugi arrivano al divorzio per Sacra Rota e l’adulterio si consuma realmente. Candido intanto pare non accorgersi di nulla, dice addirittura, dopo la farsa dei genitori che litigano per averne l’affidamento (in realtà nessuno dei due vorrebbe avere il bambino con sé), di poter vivere in autonomia senza padre e madre. È questo uno dei principali attributi delle anime candide, così come il pacifismo di cui lo accusa il nonno, l’essere tardo e completamente assente di cui lo accusa Concetta, l’eccessiva sincerità di cui lo accusa tutto il paese.

Nella narrazione Sciascia ha inserito due micro-racconti polizieschi, che rispetto agli altri gialli sciasciani in cui il colpevole riesce a farla franca, vengono risolti proprio grazie a Candido e ciò gli suscita il risentimento della comunità. Il primo nel cap. 5: il colpevole del delitto viene assicurato alla giustizia grazie a Candido, il quale riferisce alla polizia il discorso “privato” ascoltato di nascosto fra l’avvocato suo padre e il vero assassino. L’avvocato Munafò, per vergogna, si suicida e la comunità inizia a guardare a Candido come responsabile di quel suicidio, ad un mostro, come definito da Concetta, dal generale Cressi e da Maria Grazia. Il generale e Concetta, preoccupati dai comportamenti del bambino, decidono di affidarlo ad un precettore, l’arciprete Don Antonio Lepanto, un prete moderno che si occupa di psicanalisi, il quale accetta di buon grado di occuparsi di un bambino, che secondo lui, soffre del complesso di Edipo. È Candido stesso a chiarire la questione, lui non ha ucciso il padre simbolicamente, ma realmente (anche se inconsciamente) e non assimila la figura della madre alla donna nuda del soffitto perché ne prova un affetto morboso, ma perché la donna del dipinto assomiglia realmente a Maria Grazia. Ecco che Candido ha scardinato un altro dogma, quello della psicanalisi (attraverso il suo personaggio, Sciascia si scaglia contro la psicanalisi ridotta a cliché. Non credeva nel potere curativo della psicanalisi e dunque la demonizza proprio tramite il punto di vista di un bambino).

L’altro micro-racconto poliziesco si trova nel cap. 10. Si tratta di un delitto d’onore appoggiato dalla comunità: un padre ha ucciso il prete che aveva sedotto la figlia. Il caso viene chiuso dal commissario per assenza di prove, ma Candido riesce a far ripartire l’inchiesta con una semplice constatazione:

«Le voci sono quasi sempre vere; e le cose sono quasi sempre semplici». (p. 57)

Il colpevole viene assicurato alla giustizia. Quest’inno alla semplicità, che può racchiudere il legame profondo tra Sciascia e l’illuminismo, ritorna nelle pagine successive:

«Ché a vederle, le cose si semplificano: e noi abbiamo invece bisogno di complicarle, di farne complicate analisi, di trovarne complicate cause, ragioni, giustificazioni». (p. 119)

Centrale è il cap. 12, in cui si compie il viaggio a Lourdes di Candido e Don Antonio, in quanto entrambi si liberano dalla religione intesa in senso dogmatico, restando colpiti in maniera negativa dalla strumentalizzazione del dolore operata dalla Chiesa (“Se io fossi Dio mi offenderei” afferma Candido): Don Antonio lascia l’abito sacerdotale e Candido scopre l’eros. Per la prima volta Sciascia presenta l’eros in maniera positiva, l’eros inteso come gioia dei corpi, paragonato al comunismo e all’amore per Paola. Si aprono a questo punto della narrazione due diversi filoni: uno privato, che riguarda la storia con Paola (lo abbandonerà dopo l’espulsione dal partito, credendo di essere la causa di quella decisione), l’altro pubblico, che riguarda le vicende all’interno del Partito comunista (per Candido il comunismo è un fatto di natura, non è ideologia, non è teoria. Candido preferisce scrittori come Hugo e Zola rispetto alle teorie astratte elaborate da Marx e Lenin. C’è dunque una critica dello stesso Sciascia al partito comunista che, in quegli anni, anziché fare opposizione politica, cercava in ogni modo di allearsi coi governi centristi. Candido sarà espulso dal partito che non condivide la sua relazione con Paola e offeso dal fatto che Candido ha paragonato il segretario del partito ad un personaggio comico di Dostojevskij. Candido dirà allora di essere un comunista senza partito).

Candido matura poi la decisione di abbandonare il paese e le sue terre, aiutato dai parenti. Incontra la cugina Francesca, la quale decide di seguirlo. Dopo vari viaggi, i due si trasferiscono a Parigi. Non è un caso: Parigi è la città dell’illuminismo, dei libri, una città-biblioteca piena di letteratura. Nell’ultimo capitolo Candido incontra casualmente la madre in un caffè. I due a stento si riconoscono e Candido, ancora una volta, si rifiuta di seguirla in America.

Come il personaggio voltairiano, il protagonista è mutato, è divenuto meno candido, conservando però gli attributi tipici del candore pirandelliano. Anche il modello del romanzo di formazione risulta superato. L’ultima frase del libro recita:

«Si sentiva figlio della fortuna; e felice».

Nel romanzo di formazione, la felicità si aveva a prezzo del sacrificio, della rinuncia di parte della propria libertà. Il Candido sciasciano, non solo ha sempre goduto di un alto grado di libertà, perché non soggetto ad alcuna figura d’autorità, ma si è, progressivamente, liberato di tutti quegli elementi che avrebbero potuto limitarne la libertà.

Penso che il Candido di Sciascia sia un libro quanto mai attuale. Il monito che mi preme sottolineare è l’invito alla semplicità, alla verità senza preoccupazione delle conseguenze, a guardare le cose in un’ottica meno complessa, in un mondo che rivela in ogni angolo silenzi e difficoltà.

 

Autore: Leonardo Sciascia (Racamulto 8/01/1921- Palermo 20/11/1989)

Titolo: Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia

Editore: Adelphi

Luogo di edizione: Milano

Anno edizione utilizzata:2014

Numero di pagine: 137 pp.

Prezzo: 9,00 € 

 

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