Una lunga riflessione sulla vita, sul dolore, sulla libertà.

Oriana Fallaci "Lettera a un bambino mai nato" di Giusy Bilotta, classe I A

C'è una linea sottile tra amore e odio e su di essa barcolliamo giorno per giorno. Ne sono causa da una parte il dolore e la sofferenza e dall'altra la gioia e la spensieratezza. Perché la vita è anche questo. Scemo chi pensa che tutto possa essere rose e fiori. No, a volte è molto più difficile di quanto si possa credere. Non è tanto l'uomo a stare in bilico, per lui la vita è molto più semplice. Viviamo in un'epoca moderna, eppure la donna irrazionalmente si trova in uno stato di subordinazione rispetto all'uomo.  Viene ricordata perché da essa è partito il peccato universale, per indicare tutto il genere umano utilizziamo sempre la parola uomo, mai donna, sempre bimbo, mai bimba. Invece la donna è una creatura molto più saggia, più sensibile, più matura e più forte. Perché la donna prima di tutto è mamma, una donna incinta sono due mamme. Mamma per se stessa e mamma per il bimbo. E a lei quindi un'altro dilemma. Dare la vita o negarla? Rinunciare ad una già in corso per un'altra che ancora non lo è? Oriana Fallaci nel suo libro "Lettera a un bambino mai nato"  decide di donare la vita  ma senza essere condizionata dal bambino, accettando quindi la maternità pur sentendosi da essa derubata.  Adesso a lui la scelta se accingersi alla vita o restare nel silenzio. Intanto lei gli spiega le intemperie della vita, e la riassume con le sue sofferenze e le sue gioie e senza accorgersene si lega a lui e inconsapevolmente lo ama. Lui decide, rinuncia alla vita forse perché spaventato o forse non lo fa  per se stesso, ma per amore della donna che lo porta in grembo. La Fallaci se ne accorge subito, come una luce che si spegne, se ne va. Lei questo non lo accetta, rifiuta di togliere il suo bambino dal ventre e quando finalmente decide di farlo è troppo tardi.  Allora si arriva alla conclusione:  è sempre la donna a pagare.

 

BUR 

2009, 131 pp.

10,00 Euro

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Commenti: 1
  • #1

    Mariangela Marrazzo (venerdì, 23 settembre 2016 18:11)

    “ C’è solo un bicchiere pieno di alcool dentro cui galleggia qualcosa che non volle diventare un uomo, una donna. Perché avrei dovuto, mi chiedi, perché avresti dovuto? Ma perché la vita esiste, bambino! […] Ma altrove nascono mille, centomila bambini, e mamme di futuri bambini: la vita non ha bisogno né di te né di me. Tu sei morto. Forse muoio anch'io. Ma non conta. Perché la vita non muore.”

    “Lettera a un bambino mai nato” è un monologo autobiografico della scrittrice Oriana Fallaci, nel quale si rivolge direttamente al suo futuro bambino, che come anticipa già il titolo, non nascerà mai. La protagonista è una donna giovane e in carriera, ma ecco che un giorno capisce di essere incinta, così comincia il suo monologo. Racconta al bambino le sue ansie, le sue paure, i suoi ragionamenti e ogni tanto condizionata dalle emozioni del momento gli impartisce lezioni di vita abbastanza spietate raccontandogli della propria vita… Di come sia rimasta delusa la maggior parte delle volte che sperava in qualcosa. Si rivela tuttavia, una madre protettiva sin dalle prime pagine, i suoi dubbi sul tenere o meno il figlio non sono affatto legati ad una superficialità, come sembrerebbe inizialmente, ha avuto un’infanzia difficile, segnata dalla guerra e dalle ingiustizie, allora perché far nascere un bambino in un mondo crudele come il nostro? In un mondo dove le armi sostituiscono le parole e l’odio sostituisce l’amore? Ed ancora, nonostante questi dubbi, la Fallaci non prende mai seriamente in considerazione l’idea di abortire, non lo pensa nemmeno lontanamente perché non è suo diritto porre fine alla vita di qualcuno.
    Monologo scritto con un linguaggio semplice e scorrevole, conciso e diretto, così da restare impresso nella mente del lettore…questo scritto insegna cosa sia l’amore e il coraggio. Mi ha colpita il modo in cui la Fallaci descrive il dolore, un dolore vero di cui non si può fare altro che accettare con il tempo, mi ha colpita il modo schietto e deciso con cui spiega al bambino che la vita non è tutta rose e fiori, che bisogna lottare per una libertà che probabilmente neanche esiste. Mi piace proprio perché è un libro vero, lontano da inganni, che racconta le cose come stanno, “non una favola, ma solo storie in cui la morale era sempre il dolore.”
    Il pezzo che più mi ha commosso è quello in cui per la prima e ultima volta a parlare è il bambino che cerca di consolare la madre esprimendo l’impressione che ha di lei. “Non è vero che non credi all’amore, mamma. Ci credi tanto da straziarti perché ne vedi così poco, e perché quello che vedi non è mai perfetto. Tu sei fatta d’amore. Ma è sufficiente credere all’amore se non si crede alla vita?”