George Orwell "La fattoria degli animali" di Salvatore Messina, classe III B.

                                                  “ALL THE ANIMALS ARE EQUAL,

BUT SOME ANIMALS ARE MORE EQUAL THAN OTHERS”

“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri”

 

 

“La Fattoria degli Animali” è uno dei romanzi più famosi del Novecento. Scritto da George Orwell nel 1943, ma pubblicato solo nel 1945, a guerra terminata, per il suo alto contenuto satirico, è un aspro manifesto, proposto in chiave allegorica e ironica, contro i regimi totalitari europei e lo sfruttamento dei liberi cittadini.

La storia narra le vicende che avvengono nella “Fattoria Padronale” del signor Jones, in Inghilterra. Una notte, il Vecchio Maggiore, il più anziano dei maiali, convoca tutti gli animali nella stalla per illustrare loro, con un discorso illuminante, quanto l’uomo li sfrutti, riducendoli in schiavitù.

Quindi li istiga alla Ribellione, predicando l’uguaglianza di tutti gli animali secondo i principi dell’Animalismo e dei Sette Comandamenti. Il Vecchio Maggiore muore pochi giorni dopo, ma la Ribellione non tarda ad arrivare. Nella notte della festa di San Giovanni, il signor Jones, tornato a casa ubriaco, dimentica di dare il cibo agli animali che, con un attacco deciso, scacciano lui e i suoi braccianti e si impadroniscono della fattoria, rinominandola “Fattoria degli Animali”.

A prendere le redini delle operazioni sono due maiali, Palladineve e Napoleone. I due, però, sono sempre in disaccordo sulle loro decisioni, tanto che, durante un’assemblea in cui si vota la proposta di Palladineve di costruire un mulino, Napoleone ordina ai suoi cani di inseguire Palladineve, costringendolo a fuggire per sempre dalla fattoria. Da quel momento il comando è affidato a Napoleone che, coadiuvato dagli altri maiali, facendo leva sull’ignoranza e la stoltezza del resto degli animali e manovrando a suo piacimento i Sette Comandamenti, riesce a sfruttare il loro lavoro e creare un sistema non molto diverso da quello del signor Jones. Alla fine, i maiali cominceranno a camminare su due gambe e sarà difficile riconoscerli dagli uomini.

 

Il romanzo è un chiaro attacco alla Russia e al governo totalitario di Stalin (Napoleone), che non si fa scrupoli ad eliminare i nemici politici (Trotzkij/Palladineve) con l’aiuto degli squadristi (i cani), ma è altrettanto bravo a sfruttare la propaganda giornalistica e l’indifferenza della chiesa ortodossa per sottomettere un popolo ingenuo, che crede ancora ad una politica egualitaria e fondata sulla dignità del lavoro. Come Boxer, il cavallo che rappresenta lo stereotipo dello stachanovista sovietico, che si piega al volere di Napoleone perché crede nel lavoro come unico fondamento di un sistema produttivo. La critica di Orwell, quindi, si allarga anche alla figura di Marx (Vecchio Maggiore) e all’idea del comunismo (Animalismo) da lui proposta, fondata sull’uguaglianza tra gli uomini attraverso il lavoro, un concetto utopistico che ha portato un popolo non abituato alla libertà come quello russo a dichiarare guerra alla monarchia e cadere, nonostante una rivoluzione durata quattro anni, nella trappola rappresentata da una forma di governo ancora più dispotica, la dittaturaPerché, in una società egualitaria i furbi hanno sempre la meglio sugli ignoranti, perché “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri”.

“La Fattoria degli Animali”, perciò, è un capolavoro di scrittura. Orwell riesce, secondo lo stile della favola classica, a trattare temi alquanto impegnativi in una chiave satirica e fantastica, rendendone relativamente semplice la comprensione e scorrevole la lettura.

Tutto ciò ne fa un libro consigliabile non solo agli esperti in materia di storia e di politica, ma anche a chi vuole solo leggere un bel racconto  o  a chi è fermamente convinto che la cultura renda l’uomo libero e l’ignoranza lo renda schiavo degli eventi.

 

Oscar Mondadori

2015, 125 pp.

€10,50

 

 

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