Charles Bukowski "Musica per organi caldi" di Benedetta Persico, classe IV A

Musica per organi caldi” di Charles Bukowski (1983)

“Quello che voglio sapere è: esiste sì o no una via d’uscita? Un modo qualsiasi per farla franca?”

“Bello, non c’è nessuna via d’uscita. Gli strizzacervelli consigliano di darsi agli scacchi, o alla collezione di francobolli, o al biliardo. Qualsiasi cosa pur di non pensare alle grandi teorie esistenziali.”

“Gli scacchi sono noiosi.”

Trentasei ritagli di vitaraccontati senza peli sulla lingua, come solo Charles Bukowski sa fare. Irriverente, dissacrante, sovversivo. Musica per organi caldi è il Bukowski che, in un modo o nell’altro, conosciamo tutti. Basterà assaporare qualche riga per accorgersi dell’amarezza delle parole dello scrittore, disilluso e cinico come non mai. Lo scrittore di Andernach non si contiene - come al suo solito - vomita, sfoga, esterna brutalmente vicende ordinarie per quelli come lui. “Nella mia categoria, tutta gente poco seria, di cui non ci si può fidare” cantava Edoardo Bennato in “Sono solo canzonette”, ed è proprio così: i protagonisti di questo libro non solo sono amici di Bukowski, ma, a volte, sono lo stesso Bukowski, come lo scrittore Henry Chinaski, suo alter ego, protagonista di alcuni dei racconti della raccolta. Tutta gente poco seria, sommersa dai guai, da cui il titolo originale della raccolta: “Hot Water Music”, in inglese, infatti, deriva dall’espressione idiomatica “to be in hot water” che significa essere nei guai fino al collo esattamente come gli uomini e le donne che si muovono - o meglio barcollano ubriachi – tra le pagine di questo libro.Ambientato in una California torrida, descritta tra autostrade desolate e un contorno di ocra sudicio, ci fa respirare un’aria satura di fumo e afa. Sono racconti in cui il caldo si fa sentire: ci soffoca tutto questo cinismo bollente. Misantropia, alcolismo e vedove nere si mescolano nel calderone di casi umani che con impressionante finezza Bukowski ci serve in tavola. Una tavola non molto invitante, ad essere sinceri: ci susciterà disgusto piuttosto che appetito un’umanità così rozzamente impiattata. Il sogno americano si è volatilizzato per far spazio ad una generazione di falliti consapevoli, alcolizzati, tossicodipendenti, ninfomani e assetati di gloria. Niente di idilliaco o invitante: “Musica per organi caldi” è un disgustoso ritratto dei tempi presenti, piuttosto. Donne oggetto che i protagonisti si scambiano come paia di calzini, violenza gratuita, denti rotti o più spesso consumati dall’alcol. Dialoghi di un realismo doloroso e sconfortante. Bukowski non consola il lettore che si sarebbe aspettato la zolletta di zucchero per mandar giù l’amara medicina. È come se dicesse “il mondo va così e non sarò di certo io a convincerti del contrario!”. Uomini e donne disincantati, senza un scopo nella vita che non sia quello di soddisfare le proprie dipendenze e perversioni. Una trafila di casi umani che fissano un punto del muro, stesi sul letto a smaltire una sbornia, alla ricerca della risposta alla domanda “come ho fatto a ridurmi così?”. Ciononostante “la vita è dolce se glielo concedi” anche per un uomo che scrive “la mia unica ambizione è quella di non essere nessuno; mi sembra la soluzione più sensata”Che ne rimaniate disgustati, traumatizzati o finemente ammaliati non importa: lo scopo è solo quello di far crollare tutto quello che ritenete di più solido e inaffondabile. E Bukowski ci riesce sempre.


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