A. Jiurickovic Dato "La figlia femmina" di Benedetta Persico

“La figlia femmina” è la storia che non ti aspetti. Uno di quei libri che colpisce per la copertina estatica e il titolo minimalista e sfuggente. Una bella confezione è un chiaro indizio: nulla è stato lasciato al caso. Non è un libro da lasciare in sospeso. È un libro che si legge in una notte, che si manda giù tutto in una volta come una dose di antibiotico. È una mousse dolce e sinuosa, da assaporare con calma. La prosa curata di Anna Giurickovic Dato, al suo debutto, travolge e immobilizza. Uno stato febbrile confonde e duplica i contorni degli eventi, delle emozioni, dei rapporti. Cerchi concentrici di affetti e affezioni, intersezioni entro cui intravedere la verità. Salti temporali e spaziali, tra un’infanzia rubata e un’adolescenza monca, tra Rabat e Roma le parentesi descrittive di una storia terribile e attraente, crudamente eschilea. Pedofilia, incesto, parricidio, incapacità di esercitare la responsabilità genitoriale. Nonostante la forte carica erotica lo stile della Giurickovic non scade mai nella volgarità, né rientra negli schemi di certi romanzi di denuncia con un intento più o meno educativo. Non fa fede a nessuna certezza e alcun quadro di riferimento. Maschi e femmine, colpevoli e innocenti, burattini e burattinai si scambiano i costumi nel buio retro di un teatro. Un  uomo facoltoso è un pedofilo, una moglie condiscendente è una pessima madre e una bambina abusata è una bellezza efebica, perversa e ammaliante. A chi credere? Niente è quel che appare. L’apparenza è tutto.